La Corte di Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 5608/2021 si è pronunciata sulla tematica del sequestro preventivo (funzionale alla confisca) della “prima casa” nei confronti di soggetto imputato per un reato tributario (nella specie per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture, art. 2 d.lgs. 74/2000).
I giudici di legittimità hanno evidenziato che il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’articolo 76 Dpr 602/73 opera solo nei confronti dell’erario per debiti tributari e non di altre categorie di creditori e che la preclusione riguarda l’unico immobile di proprietà e non la “prima casa” del debitore.
Secondo la Corte, la disposizione citata è applicabile solo nel processo tributario e, pertanto, non comporta alcun limite per l’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né per il sequestro preventivo ad essa finalizzato.
La sentenza richiama, sul punto, un precedente conforme (Cass. pen. Sez. III, n. 8995/2020). Occorre evidenziare tuttavia che si riscontrano, nella giurisprudenza di legittimità, pronunce di segno opposto (Cass. pen. sez. III, n. 22581/2019 e Cass. Pen. sez. III, n. 3011/2017) secondo cui l’ablazione in sede penale della prima casa, in presenza di un profitto da reato sostanzialmente coincidente con il debito fiscale, aggirerebbe la suddetta disposizione di cui all’art. 76 RPR 602/73 posta a tutela del diritto costituzionale all’abitazione.
Malgrado la rilevanza della questione e l’evidenza di un contrasto interpretativo, la Corte non ha ritenuto necessario – peraltro senza motivarne le ragioni – trasmettere la questione all’attenzione delle Sezioni Unite, nonostante la richiesta formulata in questo senso dal ricorrente.